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James non ha idea di come lei abbia saputo che il Pompadour è il suo ristorante preferito. Né sa come abbia fatto a prenotare un tavolo per il pranzo.
Non ha nemmeno la minima idea di come lei conosca il modo in cui gli piace il caffè. Non ha mai incontrato quella ragazza.
In questo momento è seduto da solo a un tavolo del Pompadour, in attesa del pranzo. Una parte di lui è ancora furiosa per il suo primo incontro con la signorina Waverton. Come osa rivolgersi a lui in quel modo ?
— Hai sentito di Elizabeth Waverton ? — sente improvvisamente dire da un’anziana signora al tavolo dietro di lui.
— Cosa intendi, Elenor ? — risponde l’altra donna. La curiosità ha la meglio su James, che inizia ad ascoltare la conversazione.
— Si dice in giro che voglia lasciare il lavoro — dice Elenor.
— Oh cielo… è stata una delle cose migliori capitate a quell’azienda.
— Lo so, ma a quanto pare non vuole lavorare per il nuovo CEO.
— Ma come ha fatto a essere assunta lì in primo luogo ? — chiede la signora che non è Elenor.
— Ah, questa, mia cara, è una storia interessante — ride Elenor. — È successo circa tre anni fa, quando la giovane Elizabeth Waverton è entrata nell’edificio della McGregor. A quel tempo lavoravo ancora come signora del caffè, portandolo direttamente al signor McGregor in persona.
Sono nella hall quando lei entra. Quella povera ragazza sembra completamente persa mentre si avvicina alla reception. Dietro il bancone c’è Natalie, ovviamente, che le dice che il colloquio si terrà all’ultimo piano. Ora, Elizabeth non ha mai avuto nulla a che fare con il mondo degli affari, era… oh non so, qualcosa che non c’entrava niente con il settore aziendale.
Sale fino all’ufficio del signor McGregor per un lavoro completamente diverso da quello che finisce per ottenere. A quanto pare, non c’è nessun altro lavoro per lei, e il signor McGregor le dice che ha bisogno di un’assistente personale. Lei gli risponde che non è tagliata per quel ruolo. Ma lui ne ha così tanto bisogno che le promette il doppio dello stipendio — ride Elenor.
— È così che nasce la “perfetta” assistente — dice l’altra signora, sorseggiando il tè.
— Oh signore, no mia cara, ci vogliono mesi prima che ciò accada. All’inizio è terribilmente goffa, poverina. Niente va per il verso giusto, e nemmeno si veste o si presenta come adesso. Non so come sia cambiata — racconta Elenor.
Strano, pensa James, quindi non voleva nemmeno fare l’assistente personale… Continua a non piacergli il suo atteggiamento.
Sono le tre meno cinque quando Elizabeth entra nell’ufficio dell’avvocato del defunto signor McGregor. Il vecchio dallo sguardo burbero alza lo sguardo dalla scrivania e dice :
— Sempre in anticipo, signorina Waverton — con un sorriso che finisce in un colpo di tosse.
— Sempre in anticipo, signor Jacobi — risponde lei sorridendo mentre si avvicina all’uomo. — Hai bisogno d’aiuto con quello, signore ? — indica il grosso fascicolo sulla scrivania.
— No no no, mia cara, che gentiluomo sarei se ti facessi portare quello ? — dice con un sorriso gentile.
Insieme parlano e si dirigono verso la grande sala riunioni dove si terrà la lettura del testamento. Appena entrano, qualcuno si schiarisce la gola.
— Ah, signor McGregor, è un piacere rivederti ragazzo moi — dice Jacobi, poggiando il fascicolo. — Le mie condoglianze — aggiunge stringendogli la mano.
— Piacere moi, signor Jacobi — risponde l’uomo con un raro sorriso. — Signorina Waverton — dice, perdendo il sorriso e annuendo verso Elizabeth.
— Signor McGregor — risponde lei, ricambiando l’inchino.
— Ora dobbiamo solo aspettare gli altri, poi cominceremo — dice Jacobi, sedendosi.
È passata un’ora quando la lettura del testamento è quasi finita. È solo allora che il nome di Elizabeth viene menzionato. In tutta sincerità, non sarebbe nemmeno venuta se il signor McGregor non glielo avesse chiesto di persona.
— E per ultima, ma non meno importante, la mia cara assistente e amica, Elizabeth Maria Waverton. A Elizabeth lascio il moi attico in città, che ho cercato di regalarle per gli ultimi tre anni ma lei non ha mai accettato.
Inoltre le lascio tutto il denaro presente nel conto bancario a suo nome.
A queste parole Elizabeth si acciglia. Non ha mai sentito parlare di un conto bancario a suo nome. Perché lui avrebbe fatto una cosa del genere ?
— Oltre a ciò, le lascio la mia BMW, un’auto che è stata tra le sue preferite per molto tempo.
Dopo di ciò, la lettura del testamento si conclude, ma Elizabeth non sente più molto. È confusa, perché le ha lasciato tutte quelle cose ? Perché lo ha fatto ?
Sente le lacrime pungerle gli occhi e cerca di scacciarle sbattendo le palpebre. Si asciuga il viso con le mani.
— Signorina Waverton, stai bene mia cara ? — le chiede il signor Jacobi con un’espressione preoccupata.
— Io… sto bene — risponde lei, accorgendosi che tutti la stanno guardando. Si ricompone rapidamente e si raddrizza sulla sedia.
— Sto bene.
