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Paolo Pedicini
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2
Storie

Storie

Veni, vidi. Vizi

443·Paolo Pedicini

Piero De Nuptis ci narra la sua vita, a partire dall’età più soleggiata, l’adolescenza. Napoletano di nascita e discendenza, appartiene alla borghesia cittadina in quanto figlio unico di due farmacisti, dai quali erediterà il mestiere e i beni. Il romanzo inizia da quando il giovane Piero scopre di essere omosessuale. Un’inclinazione complicata da gestire ovunque si abiti. Ma lui sa che a Napoli è ancora più difficile. Sa, a livello inconscio, quanto possa essere cattiva la sua città con chi è indirizzato verso pratiche sessuali che non rispettino le convenzioni. Nonostante i suoi, giustificabili, timori e dopo un percorso lungo e tormentato, si lascia travolgere dall’istinto e, alle soglie dell’età matura, vive due relazioni, la prima con un compagno di classe, la seconda con un uomo più grande. I due possiedono caratteri agli antipodi, entrambi, però, comprendono la sua necessità di interpretare il ruolo femminile nei rapporti sessuali. E lo accontentano. Eppure la certezza sul suo orientamento sessuale, che sembrava solida, inizia a vacillare quando si sente attratto anche dal corpo femminile. Inoltre scopre, grazie al suo secondo amante, di possedere una dote fisica che ogni maschio desidererebbe avere. Qualcosa che va oltre le dimensioni. Piero dopo un periodo di depravazioni caratterizzate dall’eccesso, l’imperatore dei vizi, decide di cambiare vita e provare quanto sia davvero tentato dalle donne. Cerca Ines, una ragazza infatuata di lui fin dai tempi della scuola. Si fidanza con lei e spera di trovare le sue risposte. Lei, però, è intenzionata a conservarsi la purezza fino al matrimonio, e gli concede solo la possibilità di scambiare qualche effusione. A volte sfiorano il gioco erotico ma non lo superano mai. Durante uno dei rari momenti di trasgressione, Piero viene colto da un’illuminazione improvvisa e si ricorda di una donna, Natalina, che aveva lavorato anni prima a casa del fratello di sua madre. Ripensare agli inviti pressanti ricevuti da lei sotto forma di sguardi invitanti lo incita a guadagnare il tempo perduto. La cerca con l’intenzione di venire svezzato da lei e di presentarle il conto per determinati comportamenti che lui ritiene che la donna avesse tenuto durante il servizio prestato nella casa del parente. Piero lascia Ines e riallaccia i rapporti con Natalina, con la quale ottiene entrambi i risultati da lui immaginati e, conclusa l’opera, decide di trovare l’amore. Fino a quel momento mai provato. Durante l’attesa conduce un’esistenza casta, tanto da abituarsi alla condizione di maschio agiato e privo di legami affettivi. Trascorre la vita dividendosi tra casa e lavoro, concedendo i ritagli di tempo alla lettura e alla musica. Le due passioni di sempre. Tuttavia quando è ormai convinto di aver concluso ogni capitolo del romanzo che compone la sua esistenza, si trova alle prese con una novità inaspettata. La vita gli riserva, infatti, un’ulteriore prova. Lascia entrare nella farmacia prima, nel suo cuore poi, una donna, Carmela, che lo conquisterà con la dolcezza associata a un corpo formoso. L’evento costituirà per lui l’esperienza più complessa di qualunque altra, poiché non è mai stato innamorato. Ma riuscirà a superare le sue titubanze ricorrendo a ciò che gli riesce meglio. Affidarsi all’istinto.

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L'impronta dell'ipotenusa

618·Paolo Pedicini

L’impronta dell’ipotenusa è un romanzo ambientato a Valle, una piccola frazione di Cervinara, paese della Valle Caudina. La storia narra le vicende sentimentali di Annamaria e Immacolata. Sullo sfondo una nazione scossa dall’uccisione di Aldo Moro. Le due sono cugine, somiglianti nel fisico e unite da una sensualità prorompente, che Annamaria cela sotto un abbigliamento abbondante e una scarsa propensione ad apparire. Immacolata, perpetua a servizio di don Nicola, consapevole dell’influenza esercitata sul suo datore di lavoro approfitta dell’opportunità concessale e inizia la scalata verso il ruolo di dominatrice assoluta, sull’uomo e nell’abitazione che li ospita. Il parroco ha un fratello, Ferdinando, insegnante di educazione musicale, abile suonatore di oboe, uomo che vive di eccessi, e successi, ai quali non concede la giusta rilevanza a causa della sua sregolatezza. L’uomo ama giocare con le parole. Inventa concetti astratti quali la legittima offesa oppure il cogito interrotto, che lui non pratica. Infatti si interroga di continuo sulle proprie intemperanze. Ma Nando, anche se dotato d’ingegno, non trova spiegazioni e continua a vivere le sue esagerazioni costringendo la natura a privarlo della possibilità di parlare. Annamaria, avvicinandosi alla lettura scopre quanto un libro, oltre a costituire un viaggio emozionale, possa aiutare a scoprire tratti nascosti della propria personalità, che si evidenziano quando lei conosce Sancio, un ragazzo dal nome insolito, ma dal carattere ordinario. Anche troppo. I due si innamorano ma lui non riesce a offrire alla fidanzata ciò che lei desidera, anche perché non viene messo in condizione di poterlo fare. Annamaria, infatti, non gli confida le sue attese e, vittima delle suggestioni, cade in depressione, dalla quale crede di liberarsi scappando. È una decisione insensata, figlia anche della scarsa esperienza in amore, perché lei, a causa del suo modo di essere accondiscendente ha vissuto solo qualche rapporto fisico, sempre impostole. La scelta della ragazza, per quanto scriteriata, consente però a Sancio di riflettere e comprendere. E il ragazzo comincia un lento percorso verso il ricongiungimento. Don Nicola capirà col tempo che Immacolata rappresenta uno stato d’animo destinato a convertirsi in una stupenda malattia. E lei ascenderà al ruolo di matrona, che ha sempre considerato il suo unico obiettivo, e per il quale ha rinunciato a sé stessa. Tutti i personaggi che si avvicendano vivono, come ogni essere umano, delle loro imperfezioni, tanto da apparire, a volte, immorali. Eppure, puri. Perché ognuno di loro pratica l’arte dell’introspezione, che consente a quella linea sottesa, ma anche sottintesa, chiamata ipotenusa, di lasciare la propria orma.

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