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Capitolo 7|In fuga

LILLA

Era pronta, determinata e preparata a fuggire da questo posto orribile. Ho preso tra le mani l'unico cappotto che mi avevano dato in questo posto quando siamo arrivati, non me ne sarei andato senza anche se non volevo niente da loro, ma non potevo partire così. Le temperature erano troppo basse, così basse che potevi persino morire congelato là fuori e nessuno se ne sarebbe accorto.

Il posto era troppo grande, potrei dire che era un castello nella neve. C'erano corridoi e porte ovunque come un labirinto. Non giravo mai per il corridoio, non mi era permesso, non mi lasciavano sola mai, se non quando andavo in bagno o ero in camera da letto.

Era difficile uscire di qui e scappare, con un gigante muscoloso che guardava fuori dalla mia porta tutto il tempo, a tutte le ore, era impossibile. La mia unica via d'uscita erano le finestre del bagno o della camera da letto, e all'inizio ne dubitavo visto che dovevo scendere molti metri con una pancia enorme e senza correre il rischio di cadere o colpirmi.

Sapeva che il posto era quasi completamente ricoperto di uomini armati, ogni volta che usciva li guardava da tutti i lati della casa. Ma il retro dove c'era la finestra del bagno della mia camera da letto, non c'era sorveglianza lì, era come un punto cieco, uno che non hanno mai preso in considerazione e dove non c'erano nemmeno telecamere. Mi ci è voluto un po' per capirlo, ma alla fine l'ho fatto ed ero pronto a correre.

Ultimamente Bruno non veniva o mi mandava per qualche settimana fa, siccome la pancia mi si gonfiava quasi non la guardavo, e per me quella era la cosa migliore che mi fosse capitata in questo periodo.

Sapevo che non sarebbero venuti a cercarmi, soprattutto di pomeriggio, non volevo partire di notte perché non conoscevo il territorio fuori di qui, avevo paura che uscisse qualche animale selvatico e mi attaccasse, ma ciò che era pericoloso era dentro e non potevo continuare a restare, dato che le bestie peggiori erano dove mi trovavo e non là fuori.

La finestra del bagno era un po' stretta e piccola, ma potevo ancora attraversarla, se avessi continuato ad aspettare avrei potuto non passare attraverso quel buco perché la mia pancia non me lo avrebbe permesso nel tempo. Ero cresciuta molto ma avevo ancora diverse settimane per dare il pieno rimbalzo che era la fine della fase della mia gravidanza.

Facevo una corda con dei fogli che accumulavo e nascondevo ogni volta che ne portavano di nuovi, nessuno se n'era accorto. Fate bene i nodi in modo da formare una lunga corda che possa arrivare fino in fondo per uscire.

Ho aperto la finestra e prima mi sono assicurato che non ci fosse nessuno fuori. Con cautela e lentamente calai la corda di tela che avevo realizzato, legai l'altra parte al sostegno del letto di ferro che era nella stanza, prima di gettarla mi assicurai che fosse ben legata.

E una volta verificato che era sicuro, ho iniziato a scendere. Non mi voltai a guardare in basso, se lo facessi me ne pentirei e tornerei dentro. Il freddo è penetrato nel mio cappotto e le mie mani e il mio viso hanno cominciato a congelarsi rapidamente. Mi sono affrettato con cautela per non cadere a terra, anche se c'era la neve, forse non ce ne saremmo sbarazzati se fosse caduta.

Sono scivolato lungo la corda mentre le mie mani erano intorpidite dal freddo. La paura non potrebbe impossessarsi di me in questo momento, se lo facesse perderei l'equilibrio e sarei perso. Dopo pochi minuti sono riuscito ad arrivare a terra, i miei piedi affondavano nella neve, ma non me ne importava perché non ci avrei perso tempo. Me ne sono andato quasi di corsa, come i miei piedi mi permettevano.

Era il retro della villa ea pochi metri si vedeva una foresta. Senza avere idea di come avrei attraversato quel luogo, mi sono avvicinato ed sono entrato tra i cespugli, ho corso e corso fino ad allontanarmi dalla zona nemica.

Non so quanto tempo passò, né sapevo che ora fosse esattamente, ma alla luce del giorno capii che la notte si stava avvicinando e dovevo affrettarmi a trovare un posto sicuro dove rifugiarmi prima che cadessero le tenebre e la neve.

Ho continuato a camminare più a lungo senza trovare un riparo in cui nascondermi, ho pensato che se lo avessi trovato avrei potuto pernottare lì fino all'alba e rimettermi in cammino. La foresta era solitaria, non avevo incontrato nessun animale più grande del mio, e questo era un sollievo.

Dedussi che era passata un'ora quando finalmente trovai una piccola capanna fatiscente che sembrava crollare, ma era il mio unico rifugio in quel luogo e non potevo più continuare a camminare, i miei piedi non reggevano e il la temperatura scendeva molto di più, se fuori sarei morto di freddo o di polmonite. E non volevo che accadesse.

Sono entrato nel piccolo rifugio, ho controllato il locale e ho visto che era quasi completamente vuoto, c'erano solo un tavolo e una sedia logori. Mi sono messo in un angolo e mi sono messo in cuenquillas facendo una palla senza stringere la pancia, questo era l'unico modo per mantenere il calore nel mio corpo e principalmente nella mia pancia, per proteggerci dal freddo.

"Andrà tutto bene, piccoli miei. La mamma li proteggerà, presto saremo al sicuro a casa", sussurrai loro.

Mi piaceva parlare con loro tutto il tempo, sentirli ogni volta che si muovevano, questo mi faceva capire che stavano bene, visto che non vedevo un dottore dal rapimento e questo mi preoccupava molto. Il mio lavoro di mamma aumentava, perché dovevo prendermi cura di me stessa molto di più di quanto mi aveva ordinato il medico. Ed è quello che ho fatto in questi mesi che sono stata sola.

Il sonno cominciò a venire e l'ultimo pensiero che ebbi fu per il mio Diavolo, che contava le ore per rivederlo presto.

"Presto saremo con papà," balbettai mentre le mie palpebre si chiudevano.

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