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Capitolo 6: In pizzeria

Erano le ventuno e Valeryn aveva raggiunto il suo ragazzo che l'attendeva sotto casa. Gli altri non erano ancora arrivati, o forse aspettavano direttamente in pizzeria, fatto sta che adesso la castana si trovava in compagnia di Elia. Non conosceva il motivo di quella sua inspiegabile ossessività che durava da un po' di giorni. Se dovevano vedersi con gli amici, lui pretendeva che si vedessero prima, inoltre le faceva discorsi profondi, come se avesse paura di perderla. Valeryn non lo capiva proprio. Cosa cambiava vedersi dieci minuti prima se si sarebbero incontrati con il gruppo poco dopo?

«Il motivo?» domandò, infatti, poco dopo avergli dato un bacino a stampo.

Elia la guardò senza capire.

«Di cosa?»

«Beh, di tutta questa urgenza. Sembra che non ci vediamo da anni e invece ci siamo salutati solamente due ore fa.» reclamò Valeryn, un po' scocciata. Non le piaceva essere possessiva, tanto meno avere un fidanzato così.

Il biondo si morse il labbro inferiore e scosse la testa. «Sembra quasi un reato vederci. Passiamo tutto il tempo con gli altri.»

Non era la prima volta che Elia affermava una cosa del genere. Quel ragazzo stava totalmente delirando! Okay, ammetteva che aveva ragione a dire che passavano più tempo con i ragazzi che insieme, ma non c'era bisogno di crearne un dramma.

«Voglio solo capire perché ti ostini a tenermi col guinzaglio. Guarda che c'ho sedici anni, non sei.» lo rimbeccò.

Forse aveva esagerato. Ma che importava; doveva capire che per lei non esisteva solo lui. Sì, gli voleva bene, ma voleva bene anche agli altri suoi amici. Amici come suo cugino... E beh, tutti gli altri a venire.

Elia fece una smorfia irritata.

«Lo sapevo che avresti detto così. Ma che stiamo a fare ancora insieme se ormai tra di noi non c'è più intimità?»

Lei lo guardò stupita. Nel frattempo si accingevano a raggiungere la pizzeria dove Alex e Daniel avevano prenotato.

«Cosa? Stai scherzando? Perché non dovrebbe esserci più intimità, spiegami? Due giorni fa siamo andati a passeggiare insieme. E una settimana fa sei venuto a casa mia, sì, da solo.» lo rimbeccò lei. Piuttosto sembrava glielo stesse rinfacciando.

Lui aprì la bocca e la richiuse subito. «D'accordo, ma...»

«Ma?»

Sospirò pesantemente prima di parlare.

«Ti sento più distante, Valeryn. Cosa ti succede?»

La castana sbarrò gli occhi. Non poteva essere... La stava accusando.

«A me?»

«Sì, a te.» fece lui «Non mi cerchi più. Ormai passi tutto il tuo tempo in compagnia di Maia, di Miriana, di Vittorio...»

Sentendo nominare il cugino, la ragazza rizzò sull'attenti. Stava sospettando di lei e quest'ultimo? Che assurdità, insomma. Lui era solo un parente, un amico, una persona speciale, ma nient'altro. O almeno... Almeno credeva.

«Cosa c'entra adesso Vittorio?» le venne da chiedere «Che cavolo, è il tuo migliore amico!»

«Non lo metto in dubbio!» esclamò il biondo «Ho nominato lui solo perché passate molto tempo insieme.»

«E' un tuo amico, stai pensando male di lui.» fece indignata la ragazza. Sì, stava esagerando, ma non sapeva davvero come ribattere.

«Stai dubitando di colui che ti conosce più di tutti, che c'è stato sempre per te.»

La teatralità e Valeryn erano la stessa persona. Elia, infatti, sentendosi un po' in colpa, ma anche scocciato da quel mare di assurdità che la fidanzata stava sparando, scosse la testa. Era vero che gli si erano insinuati diversi dubbi sul suo amico, ma non aveva avuto altra scelta. Lui e sua cugina erano molto uniti, e questo lo aveva fatto un po' riflettere. Ma non erano vere tutte quelle stronzate che stava sputando in quel momento Valeryn.

«Sentimi bene, io a Vitto voglio bene un casino.» ribatté fermandola, infastidito da tutto quel trambusto.

«Smetti di insinuare cazzate, per favore. Anzi, dimentica ciò che ho detto.»

«Sicuro?»

«Sicuro.»

Valeryn lo guardò con la coda dell'occhio per osservare la sua reazione. A volte esagerava, ma non sapeva che fare. Si trattava di Vittorio, non capiva neanche lei cosa le stava succedendo.

«Sei rimasto male?» chiese, tentando di farsi perdonare.

«Non importa.» rispose secco lui «Ma promettimi che almeno stasera starai con me.»

La guardò negli occhi, hazel su verde smeraldo, e lei non fece altro che accettare. In cuor suo sapeva di averlo fatto con malincuore, ma doveva pur smettere di pensare a Vittorio una volta per tutte.

Arrivati in pizzeria, notarono gli altri entrare come delle furie. Li seguirono interrogativi, dopodiché Elia chiese loro:

«Perché state correndo? I tavoli mica scappano.»

«Lo dici tu» ribatté Maia, tenendo stretta la mano di Steve «Se non raggiungiamo i posti entro due secondi, ce li rubano quelli.»

«Sarebbero?»

Steve indicò una banda di idioti arzilli entrare in pizzeria.

«Svelti!» esclamò Daniel, allarmato «Occupate quelle seggiole.» e si lanciò in picchiata sopra un tavolo, mentre i camerieri lo guardavano storto.

Tutti si accomodarono velocemente. Valeryn vicino a Elia come promesso. Vittorio le gettò uno sguardo sorpreso; di solito non si sedeva mai vicino al fidanzato, si posizionava accanto o di fronte al sottoscritto. E quella sera erano proprio lontani.

Valeryn, dal suo canto, sbuffò. Voleva ridere e mandare battutine a quelli degli altri tavoli insieme a Vitto... Ma evidentemente il suo ragazzo e la paranoia erano di comune accordo.

Passarono venti minuti a chiacchierare del più e del meno come facevano di solito. Conny aveva portato con sé sua cugina, naturalmente sotto assenso di Daniel, che odiava i novizi.

Era seduta accanto a lei e portava i capelli legati. Gli occhi celesti le risplendevano con la luce, e spesso, si accorse Valeryn, Carmine la guardava di soppiatto.

«Angelina, passami la borsetta.»

Si chiamava così. Valeryn l'aveva già vista un paio di volte al liceo, aveva un anno in meno di loro. Non aveva mai approfondito la conoscenza, però. Era grazie a Conny se si scambiavano il saluto.

Steve giocherellava con le chiavi della macchina, mentre la sua fidanzata gli aggiustava il colletto della maglia. Vittorio fece una smorfia. Era di nuovo capitato vicino a quei due; per di più aveva davanti quei piccioncini di Alex e Miriana che non perdevano occasione per farsi gli occhietti dolci.

«Oggi sei veramente stupenda.» aveva detto all'orecchio della mora, Alex. Miriel era arrossita e aveva ringraziato cortesemente.

Il castano volse lo sguardo altrove. Aveva una gran fame, e come se non bastasse Valeryn era seduta accanto a Elia. Adesso lui le aveva spostato i capelli da un lato e le stava dicendo qualcosa all'orecchio. Valeryn rise, e Vittorio sentì qualcosa agitarsi nello stomaco. Perché da un po' di tempo non riusciva più a sopportare quelle scene? Elia era suo amico... Non poteva pensare in quel modo alla sua ragazza... E poi, lei... Era sua cugina. Sua cugina.

«Hai finito di sbadigliare?!» sbottò d'un tratto Daniel, rivolgendosi alla solita vittima bionda. Sara lo guardò scocciata.

«Che cavolo vuoi, non posso neanche avere fame?»

«Sei una cisterna, ci credo» la rimbeccò «Niente contro le patatine con il ketchup e la maionese alle quali stavi pensando... Ma potresti evitare di spalancare le tue fauci davanti alla mia faccia, balenottera azzurra?»

Sara incrociò le braccia, mentre Valeryn e Maia scoppiarono a ridere.

«Perché ti sei seduto vicino a me, allora?»

«Perché... beh, perché non c'era posto.» si giustificò quello, alzando le spalle.

«Vicino a Vittorio ne entrano cento.»

Il nominato alzò gli occhi verso di lei con uno sguardo ammonitore

«Tienitelo stretto lì.»

Daniel ghignò, tronfio.

«Vecchia mongolfiera ingiallita, hai visto? E' destino che io e te dobbiamo stare insieme per sempre.»

«Neanche morta!» esclamò la ragazza schifata.

Ecco che ricominciavano.

Steve, però, batté all'improvviso le mani, attirando l'attenzione di tutti.

«Allora, non ordiniamo?»

«Certo, signorsì signore! Cameriera! Tredici pizze ai broccoli, per favore.» ordinò Daniel, mentre molti si girarono verso di lui a guardarlo in modo strano.

«Sei un danno. Uno scherzo della natura.»

Alle parole di Censeo, tutti menarono scappellotti e pacche sulla schiena del ragazzo con i capelli al caschetto che tentava di liberarsi. Perfino Sara gliene diede due, pensando di non essere vista, ma invece si beccò un "non ci provare, grassona!". Valeryn e le altre ragazze ridevano, mentre la cameriera guardava la scena con un sorrisino, pensando che quei ragazzi erano dei tipi davvero strani.

Un'ora dopo, ognuno aveva finito di trangugiare la propria pizza e le proprie patatine.

Sara aveva ordinato anche mozzarelline e olive all'ascolana. Daniel, invece, due pizze diverse. Valeryn discuteva appena con Elia e qualche volta con Censeo, alla sua destra. Non aveva parlato molto, come suo solito fare. Sapeva che non bisognava fare un dramma per un posto, ma ci teneva tanto passare la sua serata con Vittorio. Il cugino la pensava allo stesso modo, visto che oltre alle cazzate di Daniel, non sentiva niente e nessuno. Aveva mangiato la sua pizza e parlato un po' con uno, un po' con un'altra. Tanto per non dare a vedere niente, ma in realtà non faceva altro che osservare la sua splendida cugina dall'altra parte del tavolo.

«Sara, ti giuro che finisci male stasera!» esclamò d'un tratto Daniel.

«Non ti rendi conto che, non solo sei più grassa di una balena, ma ti sei mangiata anche un pezzettino della mia pizza?»

La biondina ridacchiò. «Era incustodita, cosa ne sapevo io»

«E hai il coraggio perfino di ridere?» fece il ragazzo, con aria grave.

«Hai mangiato come un maiale e ti metti a rubare pure il cibo altrui?»

«Smettila!»

«Lottatore di sumo!»

«Ti ho detto di smetterla!» alzò la voce la bionda.

Alcune persone si girarono a guardarli incuriositi. Chi era la vittima di quegli insulti?

«Gorilla God!»

Sara perse la pazienza e gli si rivolse contro esclamando:

«Vuoi finirla, tricheco spiaggiato? Ci sono persone, se per caso non te ne fossi accorto!»

Il castano, indispettito, fece per bloccarle il polso, ma lei si dimenò bruscamente. Lottarono un po' fino a che non fecero cadere la coca cola sopra il vestitino della ragazza.

«Il mio vestito nuovo!» pigolò, mentre le colavano le lacrime. Non capiva perché Daniel dovesse avercela sempre con lei. Eppure non gli faceva niente, un po' le piaceva anche.

«Ecco hai visto?» fece Maia, aiutando l'amica a pulirsi il vestito.

«L'hai fatta piangere, sei contento?»

Daniel rimase attonito. Non l'aveva fatto apposta, povera Saretta. Gli dispiaceva se stava così.

«Scusa, piccola, scusa, scusa!» se l'abbracciò, stringendole la testa «Mi è scappata via la mano, non l'ho fatto di proposito... ehm, credo...»

Sara tentava di divincolarsi visto che la stava strozzando.

«Mollami, non respiro!» si lamentava.

«Perdonami, bella mia del cuore mi'.»

Dopo che Daniel la lasciò con un sorrisino di scuse, Valeryn scosse la testa, divertita da quei battibecchi, e disse che sarebbe andata in bagno. Quella confusione non le faceva bene. Inoltre, non vedeva l'ora di pagare ed andare a passeggiare fuori all'aria fresca.

Sorpassò velocemente Carmine e Angelina, che finalmente sembravano aver preso confidenza, e si avviò.

Entrando nel piccolo bagno, aprì il rubinetto e si guardò allo specchio. Aveva vestito nero aderente che le metteva in evidenza le forme del corpo, i capelli castani ondulati, gli occhi contornati da un po' di eyeliner che le allungava lo sguardo, del mascara e un po' di colore sulle guance.

Se solo l'avesse vista suo cugino... Chissà se l'avrebbe trovata bella. Ricacciò indietro quei pensieri. Non comprendeva il dannato motivo di tutta quella gran importanza verso Vittorio. Cosa poteva fregare a lui se stava bene o meno?

Inaspettatamente, la porta si aprì e non fece in tempo a voltarsi per capire chi fosse entrato, che si sentì cingere da dietro la schiena. Era lui. Cristo santo, era proprio lui. Si era posizionato dietro di lei, se ne accorse dallo specchio.

Valeryn, sentendo il cuore battere forte, alzò la testa e lo guardò, il cuore in gola.

«Ehi... Ehm, anche... anche tu qua?»

Lui le sorrise dolcemente.

«Che fine hai fatto? Mi sei mancata.»

Le annusò i capelli, mentre lei si mordeva il labbro nervosamente. Quella vicinanza le stava facendo male. Se Vittorio non si spostava entro tre secondi, sarebbe scoppiata. Ma lui, restando dietro lei, le baciò delicatamente il collo fino a risalire sulla guancia. Valeryn socchiuse gli occhi. Non ci poteva credere... Era tutto così... bello. Cosa stava succedendo tra di loro? Si stava lasciando andare con suo cugino, figlio della nipote di sua nonna paterna. Era impazzita. Erano impazziti.

Tutto quello era una pazzia.

«Che state facendo?»

Non sentendolo arrivare, Elia entrò come una pantera silenziosa.

Vittorio e Valeryn, presi alla sprovvista, si staccarono immediatamente. La ragazza, rossa in viso, continuò a lavarsi le mani e lui fece finta di asciugarle.

«N-niente, abbiamo quasi finito.» mentì la castana, mentre Vittorio annuiva cercando di essere convincente.

Elia, però, li guardava indagatore.

«Perché eri dietro di lei?» chiese semplicemente.

Valeryn guardò allarmata suo cugino, mentre quello esitava. Cosa s'inventava, adesso? Ma perché si era fatto trasportare da quelle farfalle nello stomaco?

«Aveva... aveva qualcosa tra i capelli... Gliel'ho tolta.» mormorò, dovendosi schiarire la voce.

Il biondo continuò a guardarli sospettoso, stentava proprio a crederci. Valeryn decise di correre ai ripari.

«Ehi, amo'.» lo richiamò, sorridendo e tirandolo da un braccio «Non ci sbrighiamo? Gli altri se ne staranno andando. Presto, vieni.»

Lo trascinò fino alla porta di forza. Lui camminava piano e si voltò verso il suo migliore amico. C'era qualcosa che non andava. Non era uno stupido, era successo qualcosa. Ma cosa? Tutto quello che pensava suonava strano visto che erano cugini. Lanciò ancora una volta uno sguardo a Vittorio prima di uscire. Voleva capirci più a fondo in quella storia, voleva capire se poteva fidarsi ancora di lui o se stava succedendo qualcosa alle sue spalle.

Il castano deglutì piano, il cuore che batteva forte, un caldo immane lo pervase. Rimase a mordersi il labbro inferiore, sentendosi in colpa.

Cosa cazzo stava combinando? Non stava agendo bene nei confronti di Elia, stava facendo lo stronzo. Dove stava la sua lealtà? Elia era troppo importante per lui, stava facendo il codardo e l'infame. No, non doveva avvicinarsi a lei, doveva smettere di pensarla, doveva anteporre l'amicizia a quelle farfalle nello stomaco. Ma Dio, come avrebbe fatto?

Chiuse il rubinetto e fece per uscire. Era stato così bello... Sua cugina lo stava facendo impazzire giorno dopo giorno e lui non era così forte da uscirne vivo.

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