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Capitolo 6|Pericolo

LILLA

Ero ancora in piedi, cercando di coprire alcune parti del mio corpo con le mani. Si avvicinò, mi afferrò rudemente per il viso, tenendomi il mento con una mano.

I ricordi con la mia famiglia balenarono nella mia mente, pensando a mia madre, mia sorella e la mia adorata nipote. Se stavo per essere stuprata e poi uccisa, o qualsiasi altra cosa mi avrebbe fatto, l'ultima cosa a cui volevo pensare erano loro.

Come potrei essere attratto da una persona del genere?

Mi interrogo mentalmente, uno che non aveva sentimenti o rimorsi era un mostro.

Bene, quello era il minimo ora, quello che era fatto era fatto e lui mi aveva alla sua mercé. In qualsiasi momento poteva fare di me quello che voleva. Temendo che mi avrebbe fatto del male.

- Ora sei mia - mi stringe di più le guance, mentre mi sussurra all'orecchio - Mi appartieni.

Di cosa parla questo pazzo?

- Come ti ho detto all'inizio, penso che tu abbia sbagliato persona. - rispondo con difficoltà a causa della sua presa.

- Shh! - mi lascia per prendermi per il collo senza stringere così forte, e con l'altra mano porta l'indice alle mie labbra - Ho pagato per te, solo una notte.

Divento rigido alle sue parole. Pagato? Solo una notte? Di cosa stai parlando?

- N-non capisco... - balbetto.

Ma lui mi interrompe bruscamente.

- Quanto ti ho pagato, e non farmi ripetere le cose più di due volte, non mi piace spiegare niente. - Come faccio a scuotere la testa, continua a scorrere tra le mie labbra, il mio viso con il suo dito - Questa volta sarà solo una notte, ma farò tutto il possibile per renderti completamente mia.

Deglutisco a fatica, continua a dire sciocchezze. Ma mi preparo a rispondergli.

- Hai davvero commesso un errore. Non sono una prostituta! - Lo vedo con coraggio. "Mi hanno confuso con un altro ballerino," lo affrontò.

Non avrei mai pensato di poterlo affrontare, specialmente con quell'arma nell'altra mano.

Scuote la testa, mentre mi zittisce con un "shhh"

- So che sei lo stesso che ho incontrato in discoteca e lo stesso che ballava con la mascherina. Quei capelli biondi e quegli occhi color smeraldo sono inconfondibili.

- Ma... ma... sono solo un ballerino del club, non un professionista...

Mi interruppe di nuovo senza lasciarmi finire quello che stavo dicendo.

- Non mi interessa sapere se lo sei o no - dice - sei mio, punto!

- Penso che tu sia pazzo.

- Lo penso anch'io, a volte abbiamo bisogno di quella follia per sopravvivere in questo fottuto inferno. - Non ho capito cosa intendesse.

Ho ancora ignorato quello che ha detto, non gli importava più quello che ha detto, volevo solo uscire di qui correndo il più velocemente possibile e allontanarmi da quest'uomo pericoloso. Ma non c'era verso, soprattutto se continuava a tenermi stretta. Stava cominciando a perdere la pazienza, da un momento all'altro gli avrebbe urlato contro le sue verità, ne aveva già abbastanza di me.

Ho iniziato a cercare le parole giuste per farmi liberare e lasciarmi andare, ma non ero sicuro se continuare a lottare o fingere di distrarlo e scappare in quel momento. Dovevo escogitare un piano, ma ci sarebbe voluto molto tempo.

Guardo le sue pupille dilatate, poi abbassa lo sguardo sulle mie labbra. Il mio cuore batte forte, doloroso e irrequieto per la paura. Una delle sue mani mi prende per il fianco, dove porta l'arma, senza darmi il tempo di rispondere, le sue labbra prendono le mie, sciogliendosi in un bacio aggressivo e profondo, all'improvviso sento la sua lingua tastare l'interno della mia bocca. Lottai, mentre gli davo un pugno nel petto, lui mi stringeva forte la nuca, costringendomi a seguirlo con il bacio.

Non avrei mai pensato che il mio primo bacio avrebbe fatto così, sento le mie guance bagnarsi dalle lacrime, non ce la facevo più e la mia debolezza è venuta fuori, non volevo piangere davanti a questo mostro.

Senza smettere di combattere, cerco di togliermelo meglio che posso, continuo a combattere, ma non ci riesco perché è molto più grande del mio corpo. Quindi, senza pensare, ha solo agito e si è morso il labbro, così forte da fargli sanguinare. Ringhia mentre si allontana da me, ma interrompendo così il bacio tortuoso, lo ringrazio mentalmente per il mio successo.

Ma ho ancora paura che ora mi sparerà come ha detto. Dopo averlo visto toccarsi il labbro per verificare la presenza di sangue, mi guarda di nuovo con quello sguardo freddo e furioso.

Penso di aver svegliato il demone.

Chiudo velocemente gli occhi quando finalmente vedo la sua mano alzarsi, pensando che potrebbe colpirmi, ma quel colpo non arriva mai, sento solo che mi afferra forte il braccio per ributtarmi a letto, ed è allora che mi rendo conto che sono già arrivato il mio finale.

Apro gli occhi al momento dell'impatto quando cado e vedo che si sta avvicinando per mettermi all'angolo nel letto, ma in quel momento suona la suoneria di un cellulare, non è il mio perché l'ho lasciato nello zaino che portavo e mi non so dove mi trovo dopo Il tizio mi trascinerà alla sua auto sportiva.

Il cellulare squilla di nuovo, impreca ad alta voce, cosa che mi fa sobbalzare dalla paura. Controllo che sia suo mentre lo tira fuori dalla tasca dei pantaloni, guarda lo schermo, è ancora in piedi davanti a me, senza aspettare oltre risponde dicendo qualcosa nella sua stupida lingua che non capisco per niente .

Si gira per uscire dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle, lasciandomi lì da sola. E sospirò, poté finalmente respirare con calma, facendo uscire tutta l'aria che aveva accumulato. Dopo essermi calmato un po', mi alzo per raccogliere le mie cose e cerco di vestirmi. Non importava se entrando si sarebbe arrabbiato per avermi vestita, l'avrei fatto nel caso dovessi scappare, visto che non avrei osato farlo nudo.

Stare davanti a quell'uomo è estenuante, approfitto della sua assenza per cercare la mia borsa in giro per la stanza, per vedere se l'avevo lasciata qui, ma dopo aver cercato dappertutto ho verificato che non era così.

- Puoi andare - dice quando entra nella stanza.

Sono sbalordito da quel grande cambiamento improvviso, è ancora sconvolto lo vedo nella sua mascella serrata e nel suo sguardo cupo, non so cosa lo abbia fatto cambiare così in fretta, non ci penso due volte e in pochi passi ho sono già fuori dalla stanza, prima di uscire dalla suite cerco la mia borsa in giro, ed è che se non portassi la mia identità, il cellulare e le chiavi di casa, me ne andrei senza pensarci. E anche dato che stavo per pagare un taxi, ma quello era il minimo in questo momento, potevo persino correre a casa da quanto ero disperato.

- Uno dei miei uomini ti sta aspettando fuori, ti porterà - aggiunge davanti al mio silenzio.

- Non è necessario - e l'unica cosa che volevo era andarmene e non sapere più niente di quest'uomo e di quei tizi con la finta di delinquenti.

- Non te lo sto chiedendo, è un ordine - borbottai. - E lascia che ti sia chiaro, tu mi appartieni e io tornerò per te.

E così senza aggiungere altro si gira per rientrare nella stanza. Sbuffo per il suo strano comportamento. Senza dare più importanza a nient'altro. Esco di lì, e mi accorgo che i mastodonti sono lì ad aspettarmi e altri tre posti vicino alla porta, uno di loro si avvicina, porta il mio zaino tra le mani. Beh, ha anche fatto una cosa buona, come prendersi cura di lei.

Dopo avermi raggiunto me lo offre e senza pensarci due volte me lo strappa via, mi dice di accompagnarmi a casa mia, e io gli dico solo di tornare al club, insiste lo stesso visto che il suo capo gli ha ordinato di fare così.

Dannazione solo chi sa dare, ordini.

E la verità è che ciò che meno desidero è che sappiano dove abito.

Continuo a insistere e invento qualcosa per convincerlo a riportarmi al locale, lui ci pensa un attimo e poi accetta.

Pochi minuti dopo arriviamo sul posto, non aspetto che il ragazzo mi apra la portiera o dica qualcosa, scendo dall'auto il più velocemente possibile e senza voltarmi entro nel club. I miei compagni di classe mi guardano in modo strano ed è perché mi rivedono dopo che sono già uscito, è raro che mi vedano quando sono già uscito.

Cerco Mika con gli occhi, ma non la trovo da nessuna parte.

Spero non sia sparito.

Non volevo correre il rischio di uscire da sola e avere quei ragazzi lì ad aspettare, forse se mi vedono con qualcuno sarà diverso.

Vado al bar e chiedo ai ragazzi della mia amica, mi rispondono che pochi istanti fa era andata nell'ufficio di Julie, li ringrazio per l'informazione e salgo a cercare Mika.

Busso alla porta quando arrivo, e poi si apre, è uno dei guardiani del locale, mi guarda con una faccia sorpresa, non so perché, gli chiedo di Mika e lui mi risponde che è impegnato dentro con il capo. Sento il mio amico urlare.

Cosa sta succedendo?

Spingo la porta incurante della guardia, cerca di fermarmi, ma sono già dentro. Mika è in piedi davanti alla scrivania e Julie, vedendomi, è paralizzata. Non so cosa mi aspettassi, è la stessa reazione della guardia.

La mia amica, notando il comportamento del capo, si volta a vedere, visto che ero dietro di lei. Vedendomi, i suoi occhi si spalancano e senza pensare si precipita verso di me per abbracciarmi.

-Lilly! - grida prima di raggiungermi, e mi abbraccia euforico, mi percorre tutto con lo sguardo, come per assicurarsi che non mi manchi nulla - Stai bene?

Quando interroga, controlla cosa intende e questo mi fa sapere che era a conoscenza della mia situazione pericolosa. Ma come lo sapevi?

- Lo sapevi già? - chiedo impaurito.

Ed è che avevo paura di scoprire che il mio amico era coinvolto nel mio rapimento istantaneo e che quel ragazzo ha quasi abusato di me.

Scuote vigorosamente la testa.

- No, l'ho scoperto un attimo fa e lei viene a reclamare Julie, nessuno sapeva dov'eri, ma quando ho saputo che ti eri offerto al mafioso più pericoloso. Sono venuto a controllare se doveva vedere.

Ha detto, riferendosi al capo, e io l'ho guardata con aria assente, aveva dato la sua parola di non vendermi a nessuno, che il mio patto era solo quello di ballare, ma a quanto pare non aveva svolto bene la sua parte.

- Hai promesso! - urlai, indicandola con il dito, indicai, mentre mi avvicinavo alla scrivania. - Quello era l'accordo.

Si alza e sospira.

- Lo so, ma non potevo dire di no al Diavolo - disse preoccupata - Quasi possiede questa città e tutti i posti che calpesta, con uno schiocco di dita può chiudere il locale e portarsi via tutto ciò che gli appartiene me. - Sbuffa - Del resto io ho a che fare con lui ei suoi colleghi, e anche da quella parte non avevo alternative. Mi ha promesso che non ti avrebbe fatto del male, per questo alla fine ho accettato, visto che si era rifiutato, per favore credimi. - supplica.

Posso capirla visto che era sempre stata buona con me, con tutti, e lei stessa aveva quelle politiche che le sue ragazze non si prostituissero. Stava cominciando a dubitare di lei, ma se avesse avuto ragione?

- Eppure dovevi continuare a rifiutare. - risposi deluso.

- E l'ho fatto, come ti ho detto ho rifiutato, ma lui ha detto che non ti avrebbe fatto niente, che voleva solo la tua compagnia, gli ho detto che neanche tu facevi quel tipo di lavoro, che ballato solo per il club.

- Mi ha detto che aveva pagato. - pretendere di ricordare quello che ha detto.

- Sì, ma non l'ho accettato, lascio ancora i soldi, ma c'è la valigetta con tutti i soldi. Lo restituirò al suo amico, che è più assennato di lui.

- Non credo di poter continuare a lavorare qui, temo che tornerà per me. Me l'ha detto.

- Non puoi farmi questo, ho bisogno di te. Farò del mio meglio per proteggerti, ma per favore non andare.

- Non lo so, non posso correre il rischio di nuovo, quel bastardo stava per violentarmi! - dico furioso.

Il mio amico mi prende il braccio preoccupato.

- Non pensavo ti avrebbe fatto male. Giulia risponde.

- Come puoi dirlo! - le urla la mia amica - Sappiamo che questo ragazzo è un demone, è uno spietato senza cuore. L'hai esposta a quel bastardo!

Lui la rassicurava prendendole la mano, era quello che mi piaceva di più di lei, mi difendeva sempre e si prendeva cura di me, come una sorella.

Il mio amico mi tiene più forte la mano e mi tira fuori da lì. Lasciamo quel luogo in silenzio e senza badare a chi ci chiama. Mi trascina alla sua macchina, so che è preoccupata per me e devo rassicurarla. Già essendo in macchina, prendi una boccata d'aria e parla.

- Scusa - dice mortificata - Avrei dovuto occuparmi di te - colpisce il volante infastidita. - Sono un cattivo amico.

Nego e chiedo di vedermi.

- No, non è colpa tua - rispondo - Non sapevi cosa sarebbe successo. - Gli strofino il braccio per farlo rilassare - Guardami, sono qui sano e salvo.

Mi guarda con i suoi occhi umidi, gli ha fatto un sorriso. E lei mi risponde con un tono quasi uguale ma mezzo forzato. So che ci tiene a me e so che non la perdonerei se mi accadesse qualcosa di brutto, ma né lei né io siamo da biasimare per questo.

Dopo aver discusso le cose e rassicuratoci a vicenda, iniziamo il nostro viaggio verso casa. Spero che mia madre e mia sorella stiano già dormendo, altrimenti dovrò inventarmi qualcosa, perché farò tardi.

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