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CAPITOLO 1 PIERINA

Oggi. È il grande giorno. Il mio grande giorno, il giorno in cui sposerò l'uomo della mia vita.

Passo le mani sulla mia pancia ancora piatta e un sorriso si allarga sul mio viso mentre mi metto davanti allo specchio, guardando il mio bellissimo abito da sposa.

"Figlia, sei pronta?", dice mia nonna, fissando piccoli dettagli su di me.

tuo padre ti sta aspettando.

"Sì, nonna, sto arrivando".

Il personale che mi aiuta con il trucco, mi mette il diadema insieme al velo, e un sottile strato di velo, cade sul mio viso, mi guardo per l'ultima volta e vedo la mia immagine nello specchio e sono felice, mi dirigo verso la porta e scendo passo dopo passo le grandi scale dove in fondo mi aspetta mio padre, vestito con il suo camice nero, lo guardo molto elegante e lui mi tende la mano e con un sorriso, mi dice.

"Sei bellissima, figlia mia". Si esprime lasciando un bacio sulla mia mano e un altro sulla mia guancia.

"Grazie papà". Rispondo con un sorriso.

"Assomigli molto a tua madre".

Tira fuori una scatola di velluto nero e la apre per vedere il bellissimo gioiello, un braccialetto d'oro bianco con pietre di topazio imperiale, lo prende e lo mette sopra il mio guanto di seta fine.

"L'ho dato a tua madre il giorno del nostro matrimonio. È ora che tu lo usi".

Mi dice mentre mi bacia sulla fronte, ci dirigiamo verso la limousine che ci porterà alla cattedrale di Roma, dove stanno aspettando il mio arrivo, ma per qualche motivo, questa pressione nel petto non mi lascia tranquillo.

"Figlia, non essere nervosa".

Dice papà, prendendomi la mano.

"Andrà tutto bene".

"Sì papà, sono i nervi della ragazza".

Arriviamo in chiesa e mia nonna si avvicina per dire che Donatello non è ancora arrivato. Il mio corpo si tende e guardo mio padre che mi prende la mano, la stringe e dice all'autista di fare il giro per dare a Don il tempo di arrivare.

"Papà, ho un brutto presentimento".

"Non preoccuparti figlia, deve essere qualcosa che ha ritardato, vedrai che presto tutto sarà solo un contrattempo".

Sono un fascio di nervi e quando arriviamo in chiesa per la seconda volta, la mia tata, con aria molto ansiosa, si avvicina e consegna a mio padre un biglietto in cui gli spiega perché non può partecipare al nostro matrimonio.

"Perdonami per essere stata una vigliacca e per non averti mostrato il mio volto, così da poterti dire chiaramente che non posso partorire il figlio di qualcun altro, perché il bambino che porti in grembo non è mio e non posso sopportarlo, perdonami, perdonami".

Le lacrime mi scorrono sul viso.

"Cosa vuol dire che mio figlio non è tuo?

"Come puoi negarlo, papà! Questo è un incubo, deve essere uno scherzo del cazzo, nonna, dimmi quale Donatello c'è lì dentro".

Scendo dalla limousine ed entro in chiesa. Tutti mi guardano e mormorano, arrivo all'altare dove dovrebbe esserci l'amore della mia vita ad aspettarmi, ma ci sono solo io sotto gli occhi di tutti, mi giro e corro fuori, salgo sulla prima macchina che trovo e vado a tutta velocità, arrivo a quella che sarebbe stata la nostra casa, corro dentro, ed è Kiara che è in mezzo alla stanza ad aspettare, dovrebbe essere in chiesa? Sì, ma è qui e non so perché.

"Kiara, dov'è Donatello? Voglio che me lo spieghi". La ragazza guarda in cima alle scale, dove Donatello sta scendendo con la valigia.

Mi avvicino frettolosamente a lui chiedendo spiegazioni.

"Don! Cosa significa tutto questo? Come mai non siamo in chiesa a sposarci?".

"Come mai rinneghi nostro figlio? Perché? Dimmi perché!".

Era una mitragliatrice che sparava domande, alla disperata ricerca di una risposta, mi avvicino a lui e lo afferro per il bavero della camicia.

"Per favore, spiegatemi, perché non sto capendo niente...".

Gli dico guardandolo negli occhi, lui si scompiglia i capelli e cammina avanti e indietro passandosi una mano sul viso in segno di frustrazione.

"Pieri, mi dispiace, ma non posso! esprime con un gesto di disperazione mentre si passa le mani sul viso".

"È nostro figlio". Quasi gridando gli dico tra le lacrime.

"No! Non lo è, non è mio". Risponde quasi urlando. Faccio un passo indietro.

Ed è come un pugno nello stomaco che sento, quando sento le sue parole e le sue rassicurazioni che mio figlio non è suo.

"Come puoi dire che non è tuo?". Lo affronto.

Si volta a guardarmi negli occhi e con un gesto di indignazione e di dolore mi assicura che

"No!... non è Pierina, tu non hai dormito con me, tu... tu non hai passato quella notte con me sullo yacht...".

I miei occhi vorrebbero uscire dalle orbite per quello che ho sentito: una battuta del cazzo!

"Come sarebbe a dire no? Eri accanto a me. Come se chiedessi, come se affermassi".

"No! Non sono stato io".

"Cosa vuol dire che non eri tu? Dov'eri? Se non ero io, dove?".

Lo chiedo perché non ce la faccio più, non ce la faccio più, sento le gambe che si indeboliscono, sento che sto per svanire, ma ho bisogno di chiarire questa situazione che sta per farmi impazzire.

E penso che andrò fuori di testa perché non ero mai stata preparata ad ascoltare una dichiarazione di orrore come questa.

"No! È con me che hai passato quella notte. Quasi gridandomi contro, dice disperato".

"Qualcuno ha drogato te e Alessandro, siete andati in una baita e avete passato la notte con lui".

Mi porto la mano al petto, un tremito invade il mio essere, perché ciò che sento è irreale.

"No! No, no, no, non può essere. Mi rifiuto di credere a un simile orrore. Sono stata violentata?". Mi chiedo.

"Non credo a quello che mi stai dicendo, non posso credere a quello che mi stai dicendo, è uno scherzo del cazzo? Dimmi cos'è uno scherzo del cazzo!".

Grido di disperazione, volendo credere che ciò che mi dicono non sia reale.

All'improvviso mi sorge una domanda in mezzo alla confusione in cui mi trovo, mi avvicino a lui e lo guardo negli occhi.

"Guardami! Guardami e rispondimi". Ho gridato chiedendo: "Mentre mi violentavano, dov'eri... Dimmi, dove cazzo eri? Mentre Alessandro mi violentava".

Lo fisso, lui abbassa lo sguardo e mi fa venire i brividi.

"Rispondetemi! Ti prego, rispondi!". La mia voce si spezza, così come il mio cuore.

"Io, io, io ero ubriaco, perdonami Pierina...".

Chiude gli occhi.

Ed è Kiara che mi dà il colpo di grazia per finire quel poco che era rimasto di me.

"Era con me Pierina, era sempre con me e aspetto un figlio da lui".

Non credo alle mie orecchie, non ci credo, mi metto le mani sulle orecchie.

"Basta, basta". Urlo e corro via, il dolore al petto è così forte che non riesco a sopportarlo, salgo in macchina e guido senza meta, le mie lacrime scendono come pioggia.

E nella mia testa, solo le parole sono confuse, perché nella mia mente è tutto un caos, non so quanto tempo, né che direzione ho preso, ma mi ritrovo in piedi sugli scogli che sono di fronte al mare, il vento è forte e solleva il mio vestito già sporco, non capisco nulla.

"Perché io?"

"Perché tanto dolore?" Riuscì a mettere insieme un pensiero nella mia mente che era rimasta vuota per molto tempo.

Cammino lentamente lungo il bordo della scogliera, tutto ciò che voglio è non sentire, non udire... non vedere.

"Perché?". Un urlo penetrante esce dalla mia gola.

Cado in ginocchio sul pavimento, i singhiozzi sono così forti che il mio corpo trema.

Guardo il cielo che diventa scuro. Il buio è il modo in cui vedo tutta la mia vita.

"Aaaah Diooos perché io". Urlo di nuovo, porto le mani alla testa e la mia mente si annebbia, non vedo e non sento nulla, mi sembra di galleggiare ed è allora che l'oscurità mi travolge e non sono più padrone della mia volontà.

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