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Mio Regalo

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Alice K
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Riepilogo

Ero diventato un dono. Una ragazza non lamentosa, che non può fare altro che soddisfare i desideri del suo padrone. Nessun passato, nessun futuro. Nel presente c'è solo l'acciaio degli occhi d'argento dell'uomo a cui ho osato disobbedire. Vuole spezzarmi. Oppure... per riparare ciò che è stato rotto molto tempo prima di lui? - Farai come ti dico, hai capito? - Alex brontolò. Lo guardai con freddo disprezzo e disgusto. - Se pensi che abbia dimenticato tutto", sogghignò duramente. - Si sbaglierebbe. Non dimentico mai nulla. Il libro di Alex e Stella del “mio padrone”.

RomanticoPoteri18+PassioneDominantePossessivo

Prologo

Alex

Sinceramente, non mi aspettavo che una ragazza fosse così minuta. E qui... minuscolo come pochi. Ma il suo culo sembra una nocciolina. Fermandomi sulla soglia della porta, fissai il suo sedere turgido. Appoggiata al tavolo della cucina, stava spazzolando via con passione le briciole e non si accorse di me. Le sue gambe erano cesellate, le caviglie sottili. Neanche la ruvida uniforme da cameriera, grigia e lunga fino alle ginocchia, l'ha rovinata. Il suo viso era concentrato, come se nella sua testolina ci fossero pensieri profondi. Appoggiai la spalla allo stipite e la guardai, valutando la scena. Sorrisi involontariamente. Non avevo intenzione di approfittare dell'offerta della mia amica, ma ora, guardandola inarcare la schiena, sapevo di essere stato troppo precipitoso. E' stato un peccato non riuscire a dare il colpo di grazia a una ragazza come quella...

La ragazza, nel frattempo, si raddrizzò e si infilò una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio. Le sue mani erano piccole e strette, giuste, e le sue orecchie erano ordinate. Guarda un po'... tesoro! Quando Vandor mi ha mostrato l'immagine, non immaginavo che l'originale fosse così bello. Non mi interessa se non è di mio gusto. Il gusto è un termine sfuggente. Proveremo, vedremo. È un po' piccolo, ma è meglio così. È un vero piacere scoparla. Guardai di nuovo il suo culo stretto e sentii il mio cazzo tendersi.

Senza pensarci, mi avvicinai alla ragazza e la spinsi indietro, costringendola a piegarsi più in basso. Con un urlo premette i palmi delle mani contro il tavolo e cercò di allontanarsi. E' forte, cazzo! No, cara! Prima ci occupiamo di te e poi ce ne andiamo da qui. Trovando il bordo dell'orlo, lo tirai su. La sua pelle era liscia e setosa e i suoi fianchi erano cesellati. Sembrava una corda d'arco in tensione: magra, flessuosa. Sentivo la sua resistenza e questo mi eccitava ancora di più.

- Non toccarmi! - Gridò, dimenandosi.

La sua voce era risonante, con un leggero suono rauco. Merda! Anche questo mi eccita!

- Zitto! - Ho ordinato, tirando la sua uniforme più in alto. Le ha appoggiato le natiche e ha stretto con forza. Le ha strappato le mutandine. Sì... Dio... non mi sentivo così eccitato da molto tempo! Mi sentivo come se le mie palle stessero per esplodere! La ragazza continuava a contorcersi. Non so come, ma è riuscita a girarsi per guardarmi in faccia. Vidi i suoi occhi: enormi, verdi, con un folto gruppo di ciglia nere. Gli zigomi erano alti, le labbra non troppo carnose, ma questo rendeva il suo viso più interessante. Mi fissò con occhi spalancati, il petto pesantemente ansante, il respiro che le usciva dalla bocca. Il sangue mi salì alla testa, una stretta all'inguine che mi fece quasi imprecare. Le sue mani scivolarono sul tavolo, cercò di sviare, ma non avevo intenzione di lasciarla andare. Di certo non ora che ero preso dall'impulso di spingermi dentro di lei. Per farla urlare... Afferrai l'orlo e la tirai verso di me, ma all'improvviso qualcosa brillò nell'aria. Ma che cazzo?! Prima di rendermene conto, sentii un forte dolore alla spalla.

- Puttana! - Sibilai, sciogliendo involontariamente le dita e afferrando la sua mano.

Si scosse all'indietro e il dolore fu infernale. Il coltello! Dannazione! Guardai il coltello da cucina insanguinato che teneva in mano e capii che era morta. Che stronza! Maledetta puttana!

Il coltello le cadde dalle dita e colpì il pavimento con un tonfo. Sentivo il sangue che mi colava tra le dita e anche il palmo della ragazza sanguinava. Quella puttana mi aveva accoltellato... Una maledetta puttana senza nome. Quando il mio amico lo scoprirà... Non avevo intenzione di aspettarlo, però. Ti ucciderò...

- Sei morto! - Ringhiai mentre cercavo di chiudere la ferita e feci un passo verso di lei.

Si rannicchiò ancora di più sul tavolo. Il suo viso era pallido, solo gli occhi ardevano di un fuoco malsano. Volevo prenderla per il collo e bloccarla sul tavolo e... non so cosa avrei fatto. Ma è stata fortunata: un agente di sicurezza preoccupato è entrato in cucina, parlando alla radio. A quanto pare, i ragazzi dell'amico si sono resi conto che era successo qualcosa di insolito. Se Vandor fosse stato in casa, sono sicuro che avrebbe sparato alla ragazza sul posto... Spalla... Stringendo i denti, ringhiai. Mi sono sentito condurre di lato.

- Figlio di puttana! - Imprecai a denti stretti, barcollando un po'. Una guardia si avvicinò e mi aiutò a sedermi; un'altra, apparsa dopo di lui, afferrò la ragazza e la gettò rudemente a terra ai miei piedi. È caduta a terra e ha rialzato la testa quasi subito. Spaventata, la puttana. E giustamente. Abbassai lo sguardo su di lei e strizzai gli occhi. I suoi occhi erano l'unico punto vivo sul suo viso pallido. L'hai chiesto tu...

- La pagherai", sussurrai, guardandola dritta negli occhi. - Oh, pagherete per questo.

Deglutì. Le sue ciglia si sono mosse. Una delle cameriere mi aiutò a togliermi la camicia e iniziò a medicare la ferita. Mi faceva male il braccio e continuavo a fissare la ragazza davanti a me. Oggi ha firmato la sua condanna a morte. Non le avrei permesso di farla franca, non che avesse alcuna speranza.