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02

Grimaccio quando lui punge il blu più recente.

«Jack, no !»

Gli afferro il polso e lo tolgo da sotto la mia camicia. Lui geme forte e si allontana da me. Non ha mai visto i diversi segni e lividi sulla mia pelle, e non li vedrà mai. Nessuno li vedrà.

Mi sollevo lentamente, senza osare guardarlo negli occhi. Lui si siede nell’angolo più lontano della tenda, come se fossi contagiosa e stesse cercando di allontanarsi da me.

«Stiamo insieme da quasi un anno, Willa ! Un anno ! Quanto tempo devo aspettare ?!»

Sussulto per il suo scatto d’ira.

«Non lo so,» mormoro alzando leggermente le spalle.

Senza dire una parola in più, Jack esce dalla tenda lasciandomi. Mi sembra che l’unica ragione per cui stiamo insieme sia la sua pulsione sessuale. Sa che mio padre adottivo abusa di me, ma non sa fino a che punto. Non sa quante volte vengo picchiata ogni giorno. Non sa nulla delle bruciature che ho sulla pelle a causa delle sue cicche.

Non voglio essere un caso di carità. Non voglio che stia con me solo perché ha pietà. Ma sembra che l’unica ragione per cui ha iniziato a stare con me sia mettermi a letto con lui. E siccome sono stupida, lo amo ancora. E non so se esista qualcosa che mi faccia smettere.

Nei trenta minuti successivi, resto seduta nella tenda. Non proprio nella realtà, persa nei miei pensieri. Alla fine, decido di andare a parlare con Jack su quello che è appena successo. Perché si è arrabbiato così all’improvviso.

In fretta, indosso la giacca che avrei dovuto prendere prima e lascio la tenda camminando verso gli altri.

Non posso fare a meno di alzare gli occhi verso il cielo limpido della notte e osservare le magnifiche costellazioni. Stringo la giacca contro il corpo, cercando di nascondere il calore, e un sorriso dolce si disegna sulle mie labbra. È così tranquillo.

Ma abbasso gli occhi e la mia felicità crolla in un istante.

Mi sembra che il mio cuore sia stato strappato da un coltello smussato, che il mio respiro si fermi nella mia gola e che stia soffocando. No, non è possibile. Mi ripeto un milione di volte che quello che vedo non può essere reale.

Davanti a me, seduti sulla mia coperta, Addie e Jack si baciano come se io non fossi nulla per loro. Per di più, Jack è praticamente sdraiato su Addie. Questo weekend è davvero un incubo.

Le lacrime scorrono copiose sul mio viso mentre le due persone che amo di più al mondo mi tradiscono completamente.

«Cosa stai facendo ?»

Mormoro così piano che mi chiedo se l’ho davvero detto o se l’ho solo pensato.

Addie prende un secondo per guardarmi mentre sta ancora baciando il mio ragazzo. I suoi occhi si spalancano rapidamente mentre spinge Jack via.

«Cosa c’è che non va, baby ?» dice Jack cercando di strisciare verso di lei.

«Baby ?»

Sospiro mentre il mio labbro trema violentemente. Jack mi guarda e dice :

«Oh merda.»

Si alzano e fanno un passo verso di me, mentre tutti gli altri rimangono seduti e mi guardano piangere disperatamente.

«Willa, non è quello che pensi, stavamo giocando a Verità o Dare e qualcuno ci ha sfidato. Ti giuro che non ti farei mai questo,» mormora Addie rapidamente tendendomi la mano.

Sussulto bruscamente e indietreggio di diversi passi. No, non ha il diritto di cercare di consolarmi.

«Davvero ?» Rido amaramente. «Stavate davvero giocando a Verità o Dare ?»

Chiedo al pubblico dietro di noi. Layla, una delle mie amiche, alza gli occhi, colpevole :

«No, Willa. Mi dispiace,» ammette.

Come pensavo, si sono baciate senza che nessun gioco le spingesse a farlo.

Non avendo altro da fare, scappo via. Sento Addie e Jack urlare dietro di me di tornare, ma nessuno dei due mi segue. Corro più velocemente che posso, mentre le lacrime scorrono violentemente sul mio viso con la forza del vento che mi sferza.

Come hanno potuto ? Sono le uniche persone, oltre ai miei genitori, che ho mai amato tanto da soffrirne, eppure mi fanno male.

Respiro affannosamente, correndo ancora per quaranta minuti tra i boschi, l’adrenalina spingendo i miei polmoni sempre più forte. Il mio cervello mi dice di andarmene, di fuggire da questo posto. Ma il mio cuore mi sussurra che li amo ancora.

All’improvviso, non riesco più a sopportare le contraddizioni del mio cuore, né il bruciore nei miei polmoni. Allora mi fermo, appoggiandomi a un albero per riprendere fiato.

È allora che accanto a me sento uno stelo di ramo spezzarsi. Alzo immediatamente la testa, percependo la presenza di qualcos’altro oltre a me.

So che ho detto che i boschi mi sembrano un posto sicuro, ma in questo momento non mi sento al sicuro. Sono terrorizzata.

Cerco freneticamente intorno a me, cercando di adattare i miei occhi all’oscurità che mi circonda. Non vedo nulla a più di pochi metri da me.

All’improvviso, sento un ringhio profondo che sembra scuotere le mie ossa fino al midollo. Prima che possa reagire, una persona corre verso di me in una specie di confusione.

Il mio cuore si stringe contro il mio stomaco dalla paura mentre quella persona preme un tessuto sulla mia bocca. Inalo il prodotto chimico contro la mia volontà, mentre respiro in modo caotico, presa dal panico. Mi dibatto contro la persona che mi tiene, dando calci, pugni, contorcendomi, ma invano.

Urlo affinché qualcuno senta le mie suppliche, ma il tessuto soffoca ogni suono.

È inutile, chi mi tiene è manifestamente più forte di me. È meglio che accetti. Non ho alcuna possibilità di scappare.

Allora crollo contro il mio rapitore, che mi sorregge. Le lacrime scorrono dai miei occhi annebbiati, sia a causa delle lacrime che per i prodotti chimici.

Il respiro del mio rapitore soffia sulle mie orecchie mentre preme più forte il tessuto sulla mia bocca. I miei occhi si chiudono completamente, e la mia vista diventa nera.

Sbatto le palpebre. Il mio corpo è dolorante a causa dei prodotti chimici inalati.

Mi rialzo bruscamente, ansimando.

Nota che sono distesa su un pavimento di cemento e che delle sbarre mi circondano, come una piccola gabbia.

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