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La perla del mostro

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Selena Pergola
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Riepilogo

C'era una volta un castello. Era enorme e buio, e nessuno osava avvicinarsi. Lo chiamavano "L'ingresso agli Inferi" perché lì viveva un uomo solitario. Si diceva che fosse un demone uscito dall'inferno. C'era una volta una famiglia semplice. Avevano un bambino sano. Aveva dei riccioli neri. Erano così scuri che persino la notte aveva paura di perdersi in essi. I suoi occhi erano così chiari che persino il sole doveva distogliere lo sguardo per non essere accecato. La sua voce faceva tacere gli uccelli per poterlo ascoltare. Il bambino crebbe sano, ignaro del contesto in cui era nato. Il giorno del suo diciottesimo compleanno, ricevette due valigie e una lettera che avrebbe cambiato tutta la sua vita. Riuscirà ad adattarsi alla sua nuova vita o getterà via tutto?

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Introduzione

C’era una volta un castello. Era enorme e tetro. Nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi. Veniva chiamato il “l’ingresso agli inferi”, abitato da un uomo solitario. Si sussurrava che fosse un demone che era riuscito a trascinarsi fuori dall’inferno. Erano solo congetture, visto che nessuno lo aveva mai visto fino a ora. Così ebbero inizio le chiacchiere, le dicerie.

Questo signore possedeva molti appezzamenti, ma nessuno che li coltivava. Iniziò a cercare qualcuno che gli lavorasse i suoi terreni, offrendo la metà del ricavato del raccolto. Nessuno si fece avanti, finché una giovane coppia arrivata fresca nel paese si offrì di lavorare a mezzadria per lui.

«Non abbiamo paura di voi e quindi siamo disposti a lavorare per voi», dissero. Lieto di questo, l’uomo fece costruire una casetta sul suo terreno e come d’accordo li cedeva la metà del ricavato del raccolto.

Passarono diversi anni tranquilli fino a quando l’uomo si accorse che la quota che riceveva dalla coppia diminuiva. Chiese spiegazioni, loro affermarono che il raccolto non era stato tanto abbondante. Però visto che l’uomo era di natura molto diffidente, mandò qualcuno per andare in fondo alla questione. Ne uscì che la coppia, invece di cedere all’uomo metà del raccolto come da contratto, vendevano una parte della sua quota nei paesini limitrofi. L’uomo s’infuriò.

«Avete abusato della mia fiducia e mi avete derubato.» Non li scacciò e non chiese neanche il rimborso dei soldi ottenuti con la vendita di parte della sua quota. Chiese qualcosa di ben più prezioso. «Potrete rimanere a vivere sulle mie terre, ma non avrete più il diritto di coltivarle e quando il vostro primogenito avrà compiuto i diciotto anni dovrà venire nel mio castello a lavorare per pagare i vostri debiti. Appena vostro figlio o figlia che sia, verrà nel mio castello, potrete rincominciare a lavorare le mie terre.» La coppia acconsentì e nove mesi dopo la donna diede alla luce un bellissimo e sanissimo bimbo.

Aveva dei boccoli scuri, talmente neri che persino la notte aveva paura di perdersi in loro. I suoi occhi erano così chiari che persino il sole doveva distogliere lo sguardo per non esser abbagliato. Gli uccellini si zittivano per poter ascoltare la sua voce. La coppia gli insegno a fare i servizi di casa, cucinare e rammendare. Il piccolo non sapeva il perché di tutto ciò ma faceva quello che i suoi genitori gli ordinavano. Viveva felice senza sapere che era solo parte di un accordo.

I suoi genitori lo crebbero in modo che avesse potuto essere utile all’uomo. Non gli era permesso di giocare con gli altri bambini, non gli era permesso di allontanarsi da casa e quindi imparare a conoscere il mondo. Arrivato al suo diciottesimo compleanno non ricevette regali, bensì due valigie e una carrozza che lo era venuto a prendere. Il ragazzo era confuso, i suoi avevano in mente di fare un viaggio con lui? Ma loro non avevano bagagli. Quello che avevano era una lettera. Una lettera che poteva aprire solo quando era nella carrozza. Salutarono loro figlio allegramente, tanto loro la loro parte dell’accordo l’avevano compiuta.

Come continua ve lo racconterò, perché questa è la mia storia.