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Capitolo 8

Alan rise per qualcosa che Ben aveva detto e che purtroppo non ricordava. Stavano andando all'ufficio del cugino, era passata una settimana da quando Alan aveva incontrato Ben nella piazza vicino a casa sua e, ignaro del pericolo che poteva correre, lo aveva portato a casa promettendogli di aiutarlo.

− Non ho detto molto", disse B., infastidito dal fatto che Alan ridesse sempre delle sue parole.

− Si direbbe di sì − disse Alan sistemandosi sul sedile dell'Uber −. Tu fai un sacco di errori.

− Ma questa volta ho detto solo la verità. − Ora l'insegnante dovrebbe essere d'accordo con l'uomo accanto a lui.

− Non lo so.

− È vero, oppure non assomiglia a Leonzio del Picchio.

Alan ride di nuovo.

− Sei terribile.

− Non sono niente", concluse Ben con una risata.

La verità era che quell'uomo ricordava loro il personaggio dei cartoni animati, e gli assomigliava davvero.

L'auto si fermò davanti a una clinica medica e i due clown, se così si può dire, smisero di parlare.

***

− Chi è vivo si fa sempre vivo − disse Marcus quando vide che la persona che stava entrando nel suo ufficio era suo cugino − Cosa posso fare per te?

Marcus aveva ancora lo stesso aspetto dell'ultima volta che Alan l'aveva incontrato, i capelli erano ancora neri, la pelle bianca risaltava e gli occhi azzurri, che aveva preso da sua madre, ora avevano un luccichio diverso, sembrava che Marcus fosse finalmente felice, il che era sorprendente per Alan che aveva sempre visto suo cugino triste, intrappolato in una solitudine che non riusciva a capire.

− Ben... − Alan iniziò a dire, ma non riuscì a finire, non sapeva cosa dire.

− Mi sono svegliato in una casa abbandonata con una ferita sulla testa e non ricordo nulla della mia vita, il mio nome, dove vivo, niente − Marcus digitò nel computer le lamentele del paziente mentre le diceva.

Alan osservava tutto ciò che accadeva davanti a lui e sapeva che a un certo punto suo cugino avrebbe voluto parlargli da solo. Il problema non era nemmeno quello, era dire che non stava più con Cauã, perché sapeva che Marcus lo avrebbe messo in dubbio.

− Da quello che mi hai detto, potrebbe trattarsi di una commozione cerebrale nel punto in cui sei stato colpito, ma per confermarlo ordinerò un'ecografia per essere sicuro. − dice Marcus, porgendo a Ben il foglio d'ordine − Posso parlarti un minuto, Alan?

− Sì, puoi − disse Alan timidamente.

B uscì dalla stanza dicendo che lo avrebbe aspettato fuori.

− Ora sputa il rospo, so che stai morendo di curiosità.

− Non così tanto, Alan...

− Sì, lo so...

− OK! Te lo chiederò solo una volta, visto che non vuoi ascoltarmi...

− Dai, non ho tutto il giorno...

− disse Marcus, guardando in profondità negli occhi di Alan, cercando di capire cosa c'era di sbagliato in suo cugino, che era stato tranquillo per tutta la vita e non aveva mai mostrato la sua rabbia in nessuna circostanza − Cosa è successo a Cauã?

Alan lo guardò sconcertato, suo cugino pensava davvero di aver fatto qualcosa a quel pezzo di escremento. Facendo un respiro profondo, contando fino a dieci, l'insegnante lasciò che la risposta uscisse con una naturalezza che credeva vera.

− Non è successo nulla

Marcus lo guardò come se davanti a lui ci fosse un essere orrendo che volesse divorarlo. Suo cugino non credeva di certo alla sua verità poco veritiera.

− Provane un'altra, perché questa non si attacca.

Non voleva dire a Marcus che la sua cosiddetta vita "perfetta" era stata stravolta e che non aveva avuto nemmeno il tempo di elaborare tutto quello che gli era successo nelle ultime due settimane.

− Sto ancora aspettando... − Marcus sapeva che non avrebbe dovuto essere così incisivo, sapeva che doveva dare ad Alan il tempo di dirlo con i suoi tempi, ma doveva assicurarsi che l'insegnante stesse bene e non fosse in pericolo, cosa che non era.

− La verità è che ho cacciato Cauã da casa mia, ho finalmente capito quanto male mi stava facendo e ho deciso di porre fine al mio matrimonio.

Marcus non si aspettava un atteggiamento del genere da parte di suo cugino, cosa che gli fece aprire la bocca in preda allo shock per la dichiarazione di Alan.

− E ora mi sembra che abbia rinunciato ad avermi come marito e abbia mandato un rapitore a rapirmi...

− Che cosa ha fatto? Sei andata alla polizia. Hai preso qualche provvedimento contro di lui?", lo interruppe Marcus preoccupato.

Alan chinò il capo in segno di rammarico per non aver preso alcun provvedimento. Le lacrime che Alan pensava non avrebbe mai versato per quel tossico figlio di puttana gli scesero lungo le guance e colarono sulle mani giunte, che erano appoggiate in grembo.

Sì, il professore era scosso da tutto quello che era successo negli ultimi tempi, la sua vita prima tranquilla era diventata un vero e proprio film d'azione.

Alan iniziò a ridere come un matto, il che rese Marcus più preoccupato di quanto non lo fosse già: "Cosa stava succedendo a mio cugino?". Questa domanda gli frullava in testa. Non aveva mai visto suo cugino triste, tanto meno piangere e ridere disperato come lui.

Non sapendo cosa fare o come reagire a una situazione del genere, Marcus si alzò dalla sedia e abbracciò il cugino, sussurrandogli parole rassicuranti, non sapeva davvero come procedere, ma per fortuna pensò in fretta e agì come avrebbe voluto essere trattato se avesse raggiunto uno stato di crisi emotiva.

Ben disse di aver sentito piangere e di voler sapere come stava Alan e Marcus, comprendendo la preoccupazione di Ben per Alan, lo rassicurò.

− Parleremo più tardi, Alan.

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