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Capitolo 4: Le Cicatrici Invisibili

Capitolo 4:

Le Cicatrici Invisibili

Hamilton, Montana, Stati Uniti d'America

Cimitero di famiglia Stewart

12 marzo 2035

Il silenzio tra Jane e Jimmy si allungò, pesante del fardello degli anni trascorsi e delle parole non dette. Attorno a loro, il vento continuava il suo lamento malinconico tra i rami spogli, e il cielo grigio sembrava condividere il loro lutto. Callie, con infinita delicatezza, si era allontanata di qualche passo, lasciando alle due anime ferite lo spazio necessario per ritrovarsi in quel luogo di memoria.

Finalmente, Jimmy ruppe il silenzio, la sua voce roca e piena di un'emozione contenuta.

«Sei rimasta a lungo…»

Jane annuì leggermente, i suoi occhi ancora fissi sulla piccola lapide.

«Ogni anno, il 12 marzo… vengo. È… è l'unica cosa che posso fare.»

«Capisco,» mormorò Jimmy, benché sapesse che non avrebbe mai potuto comprendere appieno il dolore lancinante che stringeva Jane. Aveva la sua parte di lutto, una sorda colpa che lo rodeva da dieci anni.

Un nuovo silenzio calò, meno pesante stavolta, tinto di un mutuo riconoscimento della sofferenza patita.

«Stai bene?» chiese Jimmy, la domanda semplice portando con sé tutto il peso della sua preoccupazione passata e presente.

Jane girò lentamente la testa verso di lui. I suoi occhi azzurri, nonostante le tracce di lacrime, conservavano quella scintilla di intelligenza e di forza che lui aveva tanto amato.

«Bene come si può stare dopo dieci anni come questi,» rispose lei con un accenno di amarezza. «E tu, Jimmy? La vita a Hamilton… sempre così tranquilla?»

Lui abbozzò un sorriso amaro. «Hamilton resta Hamilton. Le stesse facce, le stesse abitudini… La tranquillità a volte ha un sapore di stagnazione.»

«Non hai… non ti sei rifatto una vita?» La domanda, sussurrata quasi come una confidenza, fluttuò nell'aria fredda.

Jimmy abbassò gli occhi, fissando le sue mani callose. «Ho provato. Qualche tentativo… niente di serio. È… difficile voltare pagina.» Alzò gli occhi, incrociando lo sguardo di Jane. «E tu? New York… la carriera di avvocato… ti ha aiutato a…» Esitò, cercando la parola giusta.

«A sopravvivere?» completò Jane con un sorriso triste. «Sì. Il lavoro… occupa la mente. Le pratiche, le arringhe… è una distrazione. Ma la sera… quando torno nel mio appartamento vuoto…» La sua voce si ruppe leggermente.

«Pensi ancora a lui?» chiese Jimmy dolcemente.

Jane chiuse gli occhi per un istante, una lacrima solitaria sfuggì e rotolò sulla sua guancia. «Ogni giorno. Ogni istante. Mi chiedo quanti anni avrebbe oggi. A chi somiglierebbe…»

«Avrebbe i tuoi occhi,» disse Jimmy, la sua voce piena di una dolorosa certezza. «E la mia testardaggine. Sarebbe stato… speciale, Jane.»

Un silenzio riempì di nuovo lo spazio tra loro, un silenzio intriso della presenza fantasmatica del bambino che non avevano mai avuto la possibilità di conoscere.

Callie si avvicinò dolcemente, posando una mano confortante sulla spalla di Jane.

«Inizia a fare freddo, Jane. Forse dovresti tornare dentro.»

Jane annuì lentamente, asciugandosi le guance con il dorso della mano. Si alzò con l'aiuto di Callie, i suoi movimenti ancora intrisi di una certa fragilità.

«Ti fermi a Hamilton ancora un po'?» chiese Jimmy, il suo sguardo supplicante.

Jane esitò un istante, il suo sguardo che vagava tra Jimmy e la piccola lapide.

«Io… non lo so. Dovevo ripartire domani mattina.»

«Resta un giorno in più,» disse Jimmy, l'urgenza nella sua voce. «Potremmo… potremmo parlare.»

Callie lanciò uno sguardo comprensivo a Jane. «Posso occuparmi di cambiare il tuo biglietto se vuoi.»

Jane guardò Jimmy, una luce incerta nei suoi occhi. «Parlare di cosa, Jimmy? Di tutto quello che abbiamo perso? Di tutto quello che avrebbe potuto essere?»

«Forse,» rispose lui semplicemente. «O forse… parlare di quello che resta.»

Seguì un lungo momento di silenzio, durante il quale i loro sguardi rimasero ancorati l'uno all'altro. Il dolore era ancora lì, palpabile, ma in mezzo alle ceneri del passato, una fragile scintilla di speranza sembrava voler rinascere.

Finalmente, Jane sospirò dolcemente. «Un giorno in più… va bene.»

Un leggero sollievo attraversò il volto di Jimmy. Non era sicuro di cosa si sarebbero detti, né di cosa il futuro avesse in serbo per loro. Ma per la prima volta dopo dieci anni, una minima possibilità sembrava aprirsi davanti a loro, una possibilità di rompere il silenzio e di forse, un giorno, cicatrizzare le loro ferite comuni.

Mentre il sole iniziava la sua lenta discesa dietro le montagne innevate, Jane e Jimmy rimasero un istante in più davanti alla tomba del loro bambino perduto, gli echi del passato che vibravano ancora nell'aria fredda. La fiamma del loro amore era stata duramente provata, quasi spenta dalla tragedia. Ma forse, con quel giorno in più, avrebbero finalmente potuto iniziare a soffiare sulle braci e tentare di ravvivare la sua fragile e intensa luce.

☆☆☆☆☆☆☆☆☆☆

Hamilton, Montana, Stati Uniti d'America

Ranch degli Stewart

13 marzo 2035

La mattina dopo si levò su Hamilton con una persistente pallidezza invernale. Il sole faticava a penetrare la spessa coltre nuvolosa, bagnando la piccola città di una luce grigia e malinconica. Nella casa degli Stewart fluttuava un'atmosfera strana, un misto di fragile sollievo e di latente tristezza.

Jimmy era seduto al tavolo della cucina, una tazza di caffè a metà davanti a sé. I suoi occhi, solitamente vivaci e osservatori, erano scuri, segnati da una notte agitata di ricordi e insonnia. Di fronte a lui, Ethan e Cole condividevano un silenzio pesante, le loro espressioni riflettevano la gravità della sera precedente al cimitero.

La porta si aprì dolcemente e Jane entrò nella stanza. I suoi lineamenti erano tirati, i suoi occhi ancora arrossati, ma c'era una certa risolutezza nel suo incedere. Teneva in mano una tazza fumante che Callie le aveva preparato.

«Buongiorno,» mormorò Jane, la sua voce ancora roca.

I tre uomini si alzarono immediatamente.

«Jane,» disse Jimmy, la sua voce piena di una tenerezza che riservava preziosamente.

Ethan si avvicinò e le offrì una sedia. «Hai dormito bene?» chiese, con un accenno di preoccupazione nel tono.

Jane abbozzò un sorriso stanco. «Meglio che si poteva, sì. Grazie, Ethan.» Si sedette e prese un sorso del suo caffè. Il silenzio tornò, pesante, finché Cole non lo ruppe.

«Non sei obbligata a restare qui, Jane,» disse dolcemente. «Se vuoi tornare a Lewiston…»

Jane scosse la testa lentamente. «No. Io… non sono pronta. E poi… ho bisogno di parlare con Jimmy.»

Gli sguardi dei tre fratelli si incrociarono. Ethan e Cole si scambiarono un segno discreto e si alzarono.

«Andiamo a vedere come sta Kayce al frutteto,» disse Ethan. «Chiama se hai bisogno di qualcosa.»

Una volta soli, il silenzio tra Jimmy e Jane divenne palpabile. L'aria sembrava vibrare di tutte le parole non dette, degli anni di lutto condiviso e di distanza imposta.

Jimmy si schiarì la gola. «Come… come ti senti?» chiese finalmente, la sua voce esitante.

Jane posò la sua tazza e incrociò le mani sul tavolo. Fissò Jimmy dritto negli occhi, e lui vi vide una vulnerabilità struggente, ma anche una forza interiore che ammirava tanto.

«Mi sento… svuotata,» rispose lentamente. «Ma… mi sento anche… un po' più leggera, in un certo senso. Essere lì ieri… è stato difficile, terribilmente difficile. Ma è stato anche… necessario.»

Jimmy annuì, incapace di trovare le parole giuste. Ricordava il dolore crudo negli occhi di Jane al cimitero, un dolore che risuonava in lui come un eco lancinante.

«Sono contento che tu sia venuta,» disse semplicemente.

Un piccolo sorriso triste stirò le labbra di Jane. «Dovevo venire, Jimmy. Per lui. Per noi.» Esitò un istante, poi aggiunse, la sua voce piena di un'emozione contenuta: «Questi dieci anni… sono stati lunghi e solitari.»

«Anche per me, Jane,» rispose Jimmy, il suo sguardo intenso incrociando il suo. «Non c'è un giorno che passi senza che io pensi a… a quello che è successo.»

«Ti senti ancora in colpa,» constatò Jane, un accenno di tristezza nella voce.

Jimmy distolse lo sguardo, fissando la superficie di legno del tavolo. «Come potrei non sentirmi in colpa? Ero lì. Avrei dovuto proteggerti. Proteggervi.»

«Non è stata colpa tua, Jimmy,» ripeté Jane, la sua voce più ferma stavolta. «È stato un atto di violenza insensato. Non avresti potuto fare nulla.»

«Ma se…» cominciò Jimmy, la colpa che lo rodeva di nuovo.

Jane posò la sua mano sulla sua, sorprendendolo con il suo contatto. Le sue dita erano ancora fredde, ma la sua presa era sorprendentemente forte.

«Basta, Jimmy,» disse dolcemente, ma con una dolce autorità. «Abbiamo sofferto tutti. Portare il peso della colpa non riporterà indietro nulla. Né lui, né la gioia che avevamo.»

Il contatto della sua mano sulla sua fece riaffiorare in Jimmy un turbine di ricordi: la dolcezza della sua pelle durante la loro unica notte insieme, il calore del suo abbraccio, la promessa di un futuro che non avrebbero mai avuto.

«Io… hai ragione,» mormorò, girando la sua mano per stringere la sua. Le loro dita si intrecciarono, un legame fragile ma tenace che era sopravvissuto alla tragedia e alla distanza.

Seguì un lungo silenzio, un silenzio meno pesante stavolta, pieno di una mutua comprensione e di un dolore condiviso.

Finalmente, Jane ritirò la sua mano e fece un respiro profondo. «Dobbiamo parlare, Jimmy. Parlare davvero. Di tutto quello che è successo. Di quello che ha fatto a ognuno di noi.»

Jimmy annuì solennemente. «Sono pronto. Avrei dovuto farlo molto tempo fa.»

«Anch'io,» mormorò Jane. «Il dolore… ci ha rinchiusi nei nostri silenzi. Ma non voglio più questo.»

«Nemmeno io, Jane,» rispose Jimmy, il suo sguardo pieno di una nuova determinazione. «Non voglio perderti di nuovo.»

Una nuova speranza, fragile ma tenace, cominciò a spuntare nell'atmosfera pesante della cucina. La strada verso la guarigione sarebbe stata lunga e dolorosa, ma per la prima volta dopo dieci anni, Jimmy e Jane erano pronti ad affrontarla insieme, non come due anime spezzate separate dal lutto, ma come due persone legate da un amore profondo e una perdita condivisa, cercando un barlume di speranza nelle ceneri del loro passato. La fiamma del loro amore forse aveva vacillato, ma una brace persisteva, aspettando di essere ravvivata dalla verità e dalla mutua comprensione.

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